La presidente di Alzheimer Ravenna, Barbara Barzanti: “Accettare la malattia è la fatica più grande. Facendo rete tra famiglie aiutiamo pazienti e caregiver”

Una rete di familiari che si sostengono a vicenda per affrontare una malattia che cambia la vita delle persone a cui viene diagnosticata e quella dei loro cari. E’ questo il valore aggiunto dell’Associazione Alzheimer Ravenna. Ne parla la presidente, Barbara Barzanti. Nominata al terzo mandato, coordina il direttivo composto da nove membri, in collaborazione con quattro psicologi, altri operatori e professionisti, familiari, volontari che lavorano in sinergia con l’Ausl Romagna nello specifico col Centro Disturbi Cognitivi e Demenze, i Comuni di Ravenna, Cervia e Russi e altre Associazioni del territorio. 

Barbara, come è entrata a fare parte dell’associazione Alzheimer Ravenna?

“Nel 2010 a mio padre fu diagnosticato l’Alzheimer. L’associazione esisteva già dal 1995, e all’epoca era attivo il progetto “Palestra della Mente”. Mio padre, seguito dallo specifico Centro Disturbi Cognitivi era inserito in questo percorso post diagnostico e io come familiare ho iniziato anche a  frequentare gli incontri psicoeducativi e supportivi rivolti ai caregiver.  Ho iniziato così, cercando di comprendere che cosa gli stava accadendo, facendomi aiutare, e anche dando una mano per la cena estiva che veniva organizzata ogni anno al mare insieme ad altre persone con decadimento cognitivo e ai loro familiari”. 

Che cosa significa scoprire che un proprio caro soffre di Alzheimer?

“La fatica più grande che ho affrontato come caregiver, anche se a dire il vero era mia madre a prendersi cura di mio padre tutti i giorni, è stata accettare la sua malattia. Lui faceva l’agente di commercio, era abituato a spostarsi per lavoro, a parlare con le persone, a rapportarsi con gli altri. Ricordo le prime avvisaglie della malattia, quando al ritorno da un viaggio mamma mi disse, “il babbo è strano, è ripetitivo”. Aveva 71 anni. Iniziammo a realizzare davvero la situazione quando la banca chiamò per avvisarci che era entrato e uscito ripetutamente dal tornello. Capita che la famiglia non accetti la malattia, o meglio, che fatichi a capirla. Non si è mai pronti a vedere una persona cara che, lentamente, si svuota. E’ una situazione che si impara a gestire cammin facendo, accudendo passo dopo passo familiari che prima erano pilastri e alla fine diventano come bambini”.

E che influenza ha avuto la sua esperienza quando è diventata presidente?

“Mi sono rimaste impresse le parole che mi disse una dottoressa: “Dobbiamo aiutare le persone a sentirsi meno inadeguate”. Vivendola, mi sono resa conto di ciò che può servire nella quotidianità da più punti di vista: assistenziali, medico-sanitari, sociali, di sollievo, psicologici, di comprensione della malattia e di supporto. Per le persone con diagnosi di demenza sono nati in quest’ottica anche nuovi interventi come l’arteterapia, la musicoteriapia, oltre a rinforzare le “Palestre della Mente” e gli “Spazi incontro” o altri percorsi di potenziamento cognitivo e prevenzione; oppure il progetto “Nonni sotto l’ombrellone”, che si svolge al mare garantendo due ore di relax a pazienti e ai caregiver in un ambiente salutare, in una situazione conviviale che dà la possibilità di confrontarsi con altre esperienze”. 

Condividere con altre famiglie, è una terapia nella terapia…

“Personalmente, all’inizio è stato proprio grazie ad altri familiari che ho ricevuto molte informazioni su quello che sarebbe accaduto. Condividere esperienze aiuta a prendere coscienza di quello che ti sta succedendo e che ti succederà. Il supporto dei familiari è inoltre fondamentale per evitare uno stigma che rischia di colpire i pazienti, e allo stesso tempo aiuta i caregiver che stanno attraversando situazioni simili a sentirsi molto meno soli”.

Come si sono evoluti i progetti dell’Associazione Alzheimer Ravenna in questi anni?

“Abbiamo formulato e rinforzato  percorsi per accedere ai Servizi, collaborando da sempre con l’Azienda sanitaria e gli altri Servizi socio sanitari, gli enti locali del territorio per ampliare le attività, sensibilizzare i cittadini e l’opinione pubblica, e dare aiuto soprattutto ai familiari. Negli ultimi anni abbiamo  voluto realizzare interventi al domicilio, per esempio di tipo motorio, insegnando al familiare come rapportarsi con un parente quando la patologia raggiunge stadi anche avanzati; oppure ludico occupazionale con attività di stimolazione cognitivo-relazionale e sensoriale rivolto alle persone con demenza e di sollievo ai caregiver. Infine un progetto dedicato agli stessi familiari di persone con modificazione degli aspetti psico-comportamentali, molto difficile da affrontare, che spesso manda fortemente in crisi chi cura e assiste. Abbiamo poi costituito una rete di 7 associazioni Alzheimer tra Ravenna, Lugo, Faenza, Rimini, “Amici di casa insieme” di Mercato Saraceno, “Caima” di Cesena e Forlì “la Rete Magica”. A Ravenna è nata “La cura in Rete”, che unisce progetti, energie, risorse e volontari con A.L.I.Ce Ictus e Ravenna Parkinson, cercando di offrire maggior sollievo al caregiver, supporto e realizzare adeguati interventi per le persone con queste tre disabilità.

Ci sono traguardi che vorrebbe l’associazione raggiungesse nel futuro?

“Mi piacerebbe riuscire ad avere un percorso di assistenza per le persone con disabilità cognitiva  dedicata in ospedale. Ma anche che nelle scuole ci fosse una maggiore sensibilizzazione verso queste patologie, informando sui Servizi attivi e le realtà come la nostra. Spero anche di superare l’emergenza dettata dal Covid, e riuscire a riprendere in presenza e in uno spirito di forte inclusione e supporto reciproco gli incontri che prima della pandemia si tenevano ogni lunedì tra i vari soci dell’associazione. Ecco, quella era una grande scuola che ci ha insegnato a combattere l’Alzheimer, affrontandolo tutti insieme”.