L’Alzheimer e l’attività motoria al domicilio per affrontare gli “ostacoli” di casa.

L’esperienza di Miria: “Il fisioterapista? Una ventata di buonumore”

“Iniziammo a capire che qualcosa in mio babbo non andava quando notammo quel suo strano ondeggiare. Poi cominciò a camminare con difficoltà, e infine arrivarono le cadute”. I primi segnali evidenti dell’Alzheimer, Renzo, li manifestò a 82 anni, quando ancora sembrava impossibile che un giorno la sua autonomia sarebbe stata messa a dura prova. Miria Rossi, sua figlia, ricorda le visite iniziali e il consiglio del geriatra e del Centro Demenze e Disturbi Cognitivi dell’Ausl Romagna, che le fece scoprire il progetto di attività motoria a domicilio tramite l’associazione Alzheimer Ravenna. Il padre è scomparso un anno fa, e Miria ancora oggi continua come volontaria all’interno dell’associazione.

L’attività motoria al domicilio si struttura in una serie di sedute, nel corso delle quali un fisioterapista segue il percorso a domicilio che coinvolge anche i familiari per elaborare un programma personalizzato sulla base alle esigenze di ogni singolo partecipante. “La fisioterapista – racconta Miria – ha esaminato i movimenti che mio padre faceva abitualmente in casa, come salire e scendere le scale, sedersi sulla poltrona o sul letto. Per ognuno ci ha dato alcuni suggerimenti che si sono rivelati utili per non privarlo di quell’autonomia a cui teneva tanto”. Accorgimenti sia sull’ambiente domestico, “come installare un doppio corrimano lungo le scale o un appoggio nella doccia”, ma anche “piccoli esercizi motori per aiutarlo con la muscolatura e con l’equilibrio”. 

Per Miria e la madre Valeria, i giorni di presenza della fisioterapista a domicilio sono rimasti “un ricordo piacevole”.  “Al di là della presenza di un esperto che si prendeva in carico la situazione a casa nostra, le sedute portavano una ventata di empatia, riempivano quelle giornate difficili e tese che capitavano specialmente nel primo periodo della malattia. Eravamo confusi, disorientati, e avere qualcuno che si prendeva cura non solo di mio padre ma anche di noi familiari, aiutandoci con un atteggiamento piacevole, alleggeriva la situazione”. I benefici li hanno notati anche nell’umore del padre, che “gradiva quella presenza allegra nonostante a lui la ginnastica non sia mai piaciuta molto”, aggiunge Miria. 

Oggi Miria è fra i volontari e le volontarie dell’associazione Alzheimer Ravenna, una rete di famiglie in cui, spiega, “ci si sente accolti, accettati e parte di un gruppo nel quale c’è comprensione, solidarietà e ascolto”. Gli aiuti che l’associazione fornisce comprendono anche altri aspetti: “Ho avuto molte informazioni utili a superare aspetti burocratici, come i contatti e i riferimenti giusti per conoscere e accedere ai servizi indispensabili per affrontare questa malattia”.